Ha atteso 14 anni per sentirsi dire dalla giustizia amministrativa che aveva ragione: si era sbagliato il Comune. Nel frattempo Luciano Furlanis, 62 anni, di Spilimbergo, travolto dagli impegni economici derivati dalle spese sostenute per realizzare una palestra di squash, è stato costretto a chiudere l’Atlantic Sporting Center. Ora, forte della sentenza pronunciata il 15 marzo 2011 dal Consiglio di Stato di Roma, chiede il conto al Comune: 500 mila euro. Tanto ha calcolato lo studio romano Carnelutti indicando 70 euro di mancato guadagno al giorno nell’arco di quindici anni. Chi pagherà se il Tar riconoscerà il diritto al risarcimento? Il Comune - nulla c’entra l’attuale amministrazione Francesconi - potrebbe rivalersi sui dipendenti che nel 1997, ignorando il meccanismo di formazione del silenzio-assenso, hanno combinato il pasticcio.
Tutto ha origine il 4 settembre 1996. L’Atlantic Sporting Center, assieme ai tecnici della Federazione italiana squash, chiede al Comune se c’è la possibilità di installare un campo mobile dietro la palestra e destinarlo alla pratica dello squash. Nessun problema. Viene quindi predisposta la domanda per l’autorizzazione temporanea di un anno. Dopo 90 giorni dal Comune non arriva alcuna osservazione. Scatta il meccanismo del silenzio-assenso e Furlanis comincia a installare la palestra "mobile", una struttura che non è fissa al suolo e per la quale investe 50 milioni di lire. Avvia i lavori, ma quando lo scheletro dell’impianto è realizzato, i vigili urbani intimano di bloccare tutto perchè la struttura non è prevista dal Piano regolatore (peraltro scaduto).
Furlanis fa ricorso al Tar di Trieste affinchè si pronunci sulla sospensione dei lavori e la rimozione delle opere edili. Contemporaneamente gli viene notificato un decreto penale di condanna per lavori edilizi realizzati senza concessione: a 6,7 milioni di lire ammonta l’ammenda pagata da ciascuno dei soci dell’Atlantic. A febbraio 1999 il Tar gli dà ragione e condanna il Comune di Spilimbergo a rimborsare le spese giudiziali quantificandole in 5 milioni di lire. Non è finita. Il Comune resiste. Fa ricorso al Consiglio di Stato e lo perde. «Ci sono voluti 14 anni per ottenere la sentenza - spiega Furlanis - Ho speso 20 mila euro di avvocato, non so quanti viaggi a Roma per cercare uno studio legale e lo stesso fascicolo processuale, che era sparito. Adesso, dopo 14 anni, al Comune manca solo di andare da sua Santità a Roma...».
Il Gazzettino
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