Lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi a 24 punti. Sembra un’altra era, ma erano
giusto cinque anni fa, il 13 novembre 2006, quando a Palazzo Chigi sedeva
Romano Prodi. Oggi l’indicatore che illustra il rischio-paese nel mercato dei titoli
di Stato è arrivato a quota 574, quasi venti volte tanto, ed è giudicato “drammatico”
dai vertici europei. Che cosa è successo da allora a oggi lo sintetizza il sito del
Financial Times. Il quotidiano britannico ricorda che cinque anni fa la differenza di
rendimento tra i titoli a lungo termine italiani (Btp), tedeschi (Bund) e spagnoli
(Bonos) era praticamente nulla, e i loro rendimenti allineati intorno al 4 per cento.
Meno affidabili dei nostri risultavano i titoli britannici (spread a 82) e statunitensi (87).
Alla fine del 2007, lo spred italiano è cresciuto, ma di poco: 28 punti. Poi arrivano
i venti di crisi e le cose cominciano a cambiare. Il governo guidato da Silvio
Berlusconi subentra a quello diProdi, dopo la sconfitta elettorale rimediata dal
leader del Pd Walter Veltroni. La crisi monta e alla fine del 2008 l’indicatore è
più che triplicato: 92 punti, con un rendimento dei titoli pari al 4,59 per cento.
Gli interventi della Bce e i tagli dei tassi contengono la situazione, ma per poco.
La bomba del debito scoppia nel 2010. La crisi conclamata e globale, ma in
Germania i rendimenti dei Bund scendono, con grande beneficio delle casse
pubblico. In Italia, dove il governo Berlusconi è ormai nel pieno della sua attività,
lo spread si aggira intorno a quota 160. Certo meglio della Grecia, che con un
record di 908 punti si colloca in zona default, così come l’Irlanda, che sull’orlo
del fallimento tocca quota 560, proprio come il nostro paese in questi giorni.
Come si sopravvive allo spread folle?
A CURA DI LUIGI GRASSIA
La differenza di rendimento fra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi (l’ormai famoso «spread») ieri ha battuto un altro record. Quanto è grave la situazione per l’Italia e per i risparmiatori?
Per il sistema-Italia è un grave problema. Per i singoli risparmiatori aumentano i rischi, però aumentano anche le opportunità di guadagno, e i conti non si
possono fare a priori. Il fatto che lo spread salga significa che sul mercato
dei bond italiani ci sono più persone ansiose di vendere che di comprare.
Ma alla fine, per ogni venditore di un titolo di Stato italiano c’è pur sempre
un acquirente, e questo acquirente ritiene (a torto o a ragione) di fare un
buon affare. Anche per questo motivo, il risparmiatore che ha in portafoglio
Bot, Btp, Cct eccetera farà bene ad andarci piano, prima di saltare a
conclusioni sul da farsi.
Come si crea il differenziale di rendimento?
I titoli di Stato vengono emessi dal Tesoro in aste regolari, ma poi possono
essere negoziati sul mercato. La quotazione del titolo può variare con i tassi
d’interesse (però in zona euro tale variazione è uguale per tutti, quindi non
conta) oppure per il mutare del rischio di fallimento dell’emittente
percepito dagli investitori. Se tale rischio aumenta, c’è meno propensione
a comprare quel bond e più propensione a venderlo, e questo aumenta il
suo rendimento per l’acquirente. La differenza fra il rendimento del Btp
decennale italiano e quella del Bund tedesco (che fa da parametro perché
è il più stabile) costituisce lo spread.
Perché la crescita dello spread è un problema per il sistema-Italia?
Chi si libera dei bond italiani teme che lo Stato non sia in grado di ripagarne
il valore alla scadenza, o per lo meno mostra di temerlo (perché una tattica
tipica degli speculatori è vendere grandi quantità di un titolo per deprezzarli
e poi ricomprarli a meno). Queste oscillazioni di mercato non hanno un
impatto diretto sui conti del Tesoro, dato che riguardano titoli già emessi;
ma il differenziale di rendimento che sale spinge gli acquirenti delle
successive aste di bond pubblici italiani a reclamare, a loro volta, rendimenti
sempre più alti, per accettare di correre il rischio. Perciò le nuove emissioni
diventano più onerose per lo Stato.
A che punto siamo con i rendimenti?
Ieri sul mercato il rendimento dei Bot a un anno di più recente emissione
offriva un rendimento attorno al 7,5%. Il Btp a 10 anni ha chiuso al 7,25%.
Di solito a scadenze più lunghe corrisponde un rendimento più alto; quando
si verifica un’inversione come questa vuol dire che il mercato teme più
un’eventuale insolvenza dell’Italia a tempi brevi che a lungo termine.
Le ristrutturazione di debito possono avvenire con modalità diverse:
si può azzerare il valore di tutti i bond, oppure solo di quelli che scadono
man mano.
Che cosa possiamo aspettarci dalla prossima asta di titoli di Stato?
È già un fatto notevole che la prossima asta ci sia, perché era anche corsa
voce che il Tesoro l’avrebbe sospesa, in modo da non dover pagare
interessi troppo alti; invece è stata confermata, al 14 novembre.
Riguarderà un’emissione di Btp a 5 anni. Verosimilmente lo Stato italiano
dovrà rassegnarsi a pagare interessi sopra il 7% o anche di più se nei
prossimi giorni il differenziale di rendimento con i Bund tedeschi salisse
di altri gradini.
Fino a che punto si può andare avanti con lo spread che cresce?
Il 2% circa di rendimento dei Bund tedeschi, sommato allo spread record di
575 punti, ha portato ieri il massimo di rendimento dei Btp italiani a 10 anni
al 7,48% (con un piccolo riflusso in chiusura). Alcuni analisti calcolano che
lo Stato italiano sia in grado di pagare tassi così alti consumando l’avanzo
primario, cioè l’attivo di bilancio al netto degli interessi. La Banca d’Italia
dice che possiamo reggere (per anni) anche l’8%. Ma se passiamo al 10,
poi magari al 50 o al 100% come è successo in Grecia, salta tutto. Non è logico
che questo succeda, i conti italiani non sono male, abbiamo un avanzo
primario che non ha quasi nessun altro Paese, abbiamo un risparmio
privato enorme, ma i mercati ci sfiduciano lo stesso, e alla fine hanno
ragione anche se hanno torto.
Conviene liberarsi dei titoli di Stato italiani?
Se un risparmiatore è apprensivo può farlo. Sulla bilancia, fra i «contro»
dei Bot e Btp c’è il rischio d’insolvenza dello Stato. Fra i «pro» ci sono gli
alti rendimenti. E bisogna valutare le alternative: fuggire sì, ma dove?
I Bund tedeschi rendono metà dell’inflazione, i soldi sul conto corrente
anche meno e, se fallisce lo Stato, possono fallire anche le banche.
Il mattone è un buon investimento alternativo, quando si teme
l’inflazione, ma al momento sono altri i rischi. Non si possono fare
ragionamenti semplici, bisogna valutare molte variabili.
Per il sistema-Italia è un grave problema. Per i singoli risparmiatori aumentano i rischi, però aumentano anche le opportunità di guadagno, e i conti non si
possono fare a priori. Il fatto che lo spread salga significa che sul mercato
dei bond italiani ci sono più persone ansiose di vendere che di comprare.
Ma alla fine, per ogni venditore di un titolo di Stato italiano c’è pur sempre
un acquirente, e questo acquirente ritiene (a torto o a ragione) di fare un
buon affare. Anche per questo motivo, il risparmiatore che ha in portafoglio
Bot, Btp, Cct eccetera farà bene ad andarci piano, prima di saltare a
conclusioni sul da farsi.
Come si crea il differenziale di rendimento?
I titoli di Stato vengono emessi dal Tesoro in aste regolari, ma poi possono
essere negoziati sul mercato. La quotazione del titolo può variare con i tassi
d’interesse (però in zona euro tale variazione è uguale per tutti, quindi non
conta) oppure per il mutare del rischio di fallimento dell’emittente
percepito dagli investitori. Se tale rischio aumenta, c’è meno propensione
a comprare quel bond e più propensione a venderlo, e questo aumenta il
suo rendimento per l’acquirente. La differenza fra il rendimento del Btp
decennale italiano e quella del Bund tedesco (che fa da parametro perché
è il più stabile) costituisce lo spread.
Perché la crescita dello spread è un problema per il sistema-Italia?
Chi si libera dei bond italiani teme che lo Stato non sia in grado di ripagarne
il valore alla scadenza, o per lo meno mostra di temerlo (perché una tattica
tipica degli speculatori è vendere grandi quantità di un titolo per deprezzarli
e poi ricomprarli a meno). Queste oscillazioni di mercato non hanno un
impatto diretto sui conti del Tesoro, dato che riguardano titoli già emessi;
ma il differenziale di rendimento che sale spinge gli acquirenti delle
successive aste di bond pubblici italiani a reclamare, a loro volta, rendimenti
sempre più alti, per accettare di correre il rischio. Perciò le nuove emissioni
diventano più onerose per lo Stato.
A che punto siamo con i rendimenti?
Ieri sul mercato il rendimento dei Bot a un anno di più recente emissione
offriva un rendimento attorno al 7,5%. Il Btp a 10 anni ha chiuso al 7,25%.
Di solito a scadenze più lunghe corrisponde un rendimento più alto; quando
si verifica un’inversione come questa vuol dire che il mercato teme più
un’eventuale insolvenza dell’Italia a tempi brevi che a lungo termine.
Le ristrutturazione di debito possono avvenire con modalità diverse:
si può azzerare il valore di tutti i bond, oppure solo di quelli che scadono
man mano.
Che cosa possiamo aspettarci dalla prossima asta di titoli di Stato?
È già un fatto notevole che la prossima asta ci sia, perché era anche corsa
voce che il Tesoro l’avrebbe sospesa, in modo da non dover pagare
interessi troppo alti; invece è stata confermata, al 14 novembre.
Riguarderà un’emissione di Btp a 5 anni. Verosimilmente lo Stato italiano
dovrà rassegnarsi a pagare interessi sopra il 7% o anche di più se nei
prossimi giorni il differenziale di rendimento con i Bund tedeschi salisse
di altri gradini.
Fino a che punto si può andare avanti con lo spread che cresce?
Il 2% circa di rendimento dei Bund tedeschi, sommato allo spread record di
575 punti, ha portato ieri il massimo di rendimento dei Btp italiani a 10 anni
al 7,48% (con un piccolo riflusso in chiusura). Alcuni analisti calcolano che
lo Stato italiano sia in grado di pagare tassi così alti consumando l’avanzo
primario, cioè l’attivo di bilancio al netto degli interessi. La Banca d’Italia
dice che possiamo reggere (per anni) anche l’8%. Ma se passiamo al 10,
poi magari al 50 o al 100% come è successo in Grecia, salta tutto. Non è logico
che questo succeda, i conti italiani non sono male, abbiamo un avanzo
primario che non ha quasi nessun altro Paese, abbiamo un risparmio
privato enorme, ma i mercati ci sfiduciano lo stesso, e alla fine hanno
ragione anche se hanno torto.
Conviene liberarsi dei titoli di Stato italiani?
Se un risparmiatore è apprensivo può farlo. Sulla bilancia, fra i «contro»
dei Bot e Btp c’è il rischio d’insolvenza dello Stato. Fra i «pro» ci sono gli
alti rendimenti. E bisogna valutare le alternative: fuggire sì, ma dove?
I Bund tedeschi rendono metà dell’inflazione, i soldi sul conto corrente
anche meno e, se fallisce lo Stato, possono fallire anche le banche.
Il mattone è un buon investimento alternativo, quando si teme
l’inflazione, ma al momento sono altri i rischi. Non si possono fare
ragionamenti semplici, bisogna valutare molte variabili.
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