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Intervista di Rita Bernardini al "Fatto Quotidiano"
I Radicali potrebbero votare con il governo
La stampella al Governo potrebbe arrivare dai Radicali, che stanno valutando la possibilità di votare la fiducia al maxi emendamento con le misure portate a Cannes. Lo dice la deputata radicale Rita Bernardini al Fatto quotidiano.
La deputata radicale Rita Bernardini
Roma, 04-11-2011
I radicali, eletti in Parlamento nelle liste del Pd, potrebbero votare dalla parte del Governo sul maxiemendamento al ddl stabilità. "Se il Governo si dovesse presentare con un emendamento che contiene la traduzione legislativa dsi tutti i punti contenuti nella lettera del governo all'Europa...perchè non dovremmo votarlo?", dice Rita Bernardini al 'fatto quotidiano'.
E aggiunge: "quello è che scritto nella lettera all'Europa, penso alla possibilità di licenziare e alla flessibilità del mercato del lavoro, o alle pensioni, è quello che noi inascoltati chiediamo da anni. Se fosse la volta buona non capisco perché proprio noi, che abbiamo fatto i referendum dieci anni fa per realizzare queste riforme, proprio noi dovremmo opporci", dice Bernardini.
E aggiunge: "quello è che scritto nella lettera all'Europa, penso alla possibilità di licenziare e alla flessibilità del mercato del lavoro, o alle pensioni, è quello che noi inascoltati chiediamo da anni. Se fosse la volta buona non capisco perché proprio noi, che abbiamo fatto i referendum dieci anni fa per realizzare queste riforme, proprio noi dovremmo opporci", dice Bernardini.
In ogni caso "non abbiamo deciso nulla. Prima vediamo il testo, poi decideremo cosa fare. Come sono abituati a fare i Radicali: sempre e solo nel merito". Ma c'è dell'altro dietro la linea dei Radicali, "tutto quello che gli elettori hanno dovuto mandare giù", "non abbiamo potuto presentare la nostra lista", e poi "l'inspiegabile veto alla candidatura di Marco Pannella e subito dopo si detto no anche a Sergio D'Elia" e infine il patto con il Pd, anche dopo il voto "per promuovere le nostre battaglie parlamentari", "tutto dimenticato".
GLI SCENARI - IL QUIRINALE NON VUOLE FORZATURE
Evitare le urne ma senza «ribaltoni»
E si affaccia l'ipotesi di Gianni Letta
In campo anche Monti però si esclude un «incarico al buio». Il presidente esplorerà ogni strada possibile perché il Paese non vada a elezioni anticipate
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta (Ansa) |
La partita è adesso nelle loro mani. Interamente. Senza mediazioni da parte del Quirinale, che non forzerà nulla e non offrirà sconti a nessuno. E non si farà promotore di nient'altro che non sia l'urgenza di rassicurare i partner della Ue e il mondo economico e finanziario internazionale - una garanzia girata pure ai protagonisti del G20 riunito a Cannes -, spiegando che da noi tutti o quasi «riconoscono come impegnativi gli obiettivi» del risanamento e del rilancio e hanno «ben chiara la portata dei problemi da affrontare con urgenza».
Certo, «permane il contrasto» tra i due schieramenti e l'impasse è destinata a risolversi presto, in un senso o nell'altro, davanti alle Camere. Ma lui, il capo dello Stato, più che esortare a «una larga condivisione delle scelte», a questo punto non può e non vuole permettersi. L'animus positivo che di continuo auspica («teniamoci sempre care la coesione sociale e le nostre istituzioni per far fronte a prove e sfide nuove e difficili», ha ripetuto ieri) è un sentimento politicamente impraticabile. Anche se invocato per carità di patria. Insomma: margini di composizione e di scelte bipartisan sono irrealistici, dopo che il Terzo Polo e il Partito democratico hanno escluso di votare i provvedimenti di Palazzo Chigi, «visto che il problema è ormai la credibilità dell'esecutivo».
E se da parte loro si insiste per un atto di «discontinuità» che può venire solo da un passo indietro del premier e si subordina ad esso la disponibilità a sostenere un governo diverso e «su basi parlamentari più ampie», sul fronte di Pdl e Lega si ostentano le certezze di sempre: abbiamo le forze per andare avanti fino al 2013, a Berlusconi non ci sono alternative se non le urne e non accetteremo soluzioni diverse. Una sicurezza che, oggi come oggi, può apparire temeraria o quasi un esorcismo, considerata l'incognita dei dissidenti nel Pdl: qualcuno calcola che le potenziali defezioni siano già 18, tra parlamentari usciti allo scoperto e nascosti, ciò che farebbe sfumare la fatidica quota dei 316 voti indispensabili al governo per sopravvivere.
Questo è il quadro che Napolitano ha messo a verbale nel suo giro d'orizzonte. La fotografia di una situazione che dovrebbe evolversi rapidamente attraverso un paio di passaggi in aula. E il Quirinale tutto si augura meno che il rendiconto generale dello Stato o le misure finanziarie passino con approvazioni risicate. Anche se sa che è proprio lì, in quell'impervio percorso, che potrebbe essere certificata, magari attraverso la mozione di sfiducia minacciata dalle opposizioni, la crisi dell'esecutivo.
Nell'eventualità che ciò accada, di sicuro ci sono solo un paio di cose, per il momento. La prima: il capo dello Stato esplorerà ogni strada per evitare elezioni anticipate perché ciò equivarrebbe ad una paralisi di tre-quattro mesi, una prospettiva da lui giudicata insopportabile per la tenuta della nostra economia sotto attacco. La seconda: vanno considerati molto improbabili, perché troppo avventuristi, pure gli scenari di un ribaltone, vale a dire le chances che il Colle tenga a battesimo un governo fondato su una maggioranza diversa da quella di centrodestra che ha vinto le elezioni nel 2008.
Detto questo, resterebbe aperta la subordinata - per molti in realtà la ipotesi principale - di una chiamata in servizio di Mario Monti, per tentare la formazione di un gabinetto spiccatamente tecnico (e, per inciso, questo Quirinale non ama granché i governi tecnici). Ora, Monti è una personalità di alto profilo europeo e che Napolitano stima molto. Ma se dovesse resistere il diniego del centrodestra a qualsiasi alternativa a Berlusconi, sembra difficile pensare che il capo dello Stato possa affidargli un incarico al buio, perché si cerchi comunque una maggioranza in Parlamento (come fu per Ciampi, nel 1993). Sarebbe come mandare allo sbaraglio una riserva della Repubblica che può tornare utile in futuro, significherebbe bruciarlo.
Nell'eventualità che ciò accada, di sicuro ci sono solo un paio di cose, per il momento. La prima: il capo dello Stato esplorerà ogni strada per evitare elezioni anticipate perché ciò equivarrebbe ad una paralisi di tre-quattro mesi, una prospettiva da lui giudicata insopportabile per la tenuta della nostra economia sotto attacco. La seconda: vanno considerati molto improbabili, perché troppo avventuristi, pure gli scenari di un ribaltone, vale a dire le chances che il Colle tenga a battesimo un governo fondato su una maggioranza diversa da quella di centrodestra che ha vinto le elezioni nel 2008.
Detto questo, resterebbe aperta la subordinata - per molti in realtà la ipotesi principale - di una chiamata in servizio di Mario Monti, per tentare la formazione di un gabinetto spiccatamente tecnico (e, per inciso, questo Quirinale non ama granché i governi tecnici). Ora, Monti è una personalità di alto profilo europeo e che Napolitano stima molto. Ma se dovesse resistere il diniego del centrodestra a qualsiasi alternativa a Berlusconi, sembra difficile pensare che il capo dello Stato possa affidargli un incarico al buio, perché si cerchi comunque una maggioranza in Parlamento (come fu per Ciampi, nel 1993). Sarebbe come mandare allo sbaraglio una riserva della Repubblica che può tornare utile in futuro, significherebbe bruciarlo.
L'ultimo scenario è quello secondo il quale un Berlusconi dimesso potrebbe indicare a succedergli Gianni Letta o Alfano, confidando così di allargare la maggioranza con il recupero dell'Udc e di restare in qualche modo al comando per interposta persona. Ma per arrivare a questo bisogna che si apra una partita molto lontana da quello che è stato detto ieri sul Colle.
Barroso: "L'Italia ha chiesto
il monitoraggio dell'Fmi"
Napolitano: "Una crisi senza precedenti"
Berlusconi avrebbe voluto rifiutare gli ispettori del Fondo. Ma alla fine il governo italiano ha sostanzialmente ceduto . Draghi debutta tagliando i tassi. Papandreou: "Non mi dimetto", ma la Grecia cancella il referendum. Piazza Affari e l'Europa in positivo, poi girano in calo. Sarkozy vuole Tobin Tax. La bozzadel G20: impegno Italia su riduzione debito / Commenta
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CRISI
Napolitano: "Crisi senza precedenti"
Giallo sul commissariamento dell'Italia
Il pressing sul governo perché accetti la sorveglianza dell'Fmi sembra aver avuto successo. Ma arriva una mezza smentita: "Solo pareri sulle conclusioni dell'Eurogruppo". Sarkozy: "Il Cavaliere sa che il problema non sono le misure del pacchetto ma se saranno applicate". Grecia: cancellato ufficialmente il referendum
In mezzo a tanta confusione e preoccupazione, la notizia migliore della giornata viene per una volta da Atene, dove il controverso referendum sugli aiuti dell'Unione europea è stato ufficialmente cancellato. Ora gli occhi sono puntati sul parlamento greco, dove questa sera il governo chiederà la fiducia e potrebbe vedere l'uscita di scena del premier George Papandreou.
Secondo fonti di alto livello dell'Unione europea citate da Reuters il governo italiano avrebbe accettato che il Fmi monitori l'andamento del programma di riforme economiche. In base a quanto trapela sull'accordo sia il Fondo che le autorità dell'Ue avranno il compito di verificare i progressi italiani. Il "commissariamento" riguarderebbe le riforme su pensioni, lavoro e competitività che erano state promesse ai leader europei la scorsa settimana. "Dato il clima generale e la mancanza di credibilità dell'Italia, ogni piccolo passo falso o problema si somma ai precedenti, peggiorando le cose, con il risultato che i mercati non hanno fiducia. Dobbiamo fare in modo che ci sia credibilità", ha dichiarato il funzionario Ue citato da Reuters.
Fonti ufficiali italiane smentiscono che ci sia un accordo sul monitoraggio dell'Italia da parte del Fondo monetario internazionale. Le stesse fonti, a margine del G20, precisano che è l'intera area euro ad essere sotto stress, incluse Spagna e Italia. Roma - aggiungono le stesse fonti ufficiali italiane - è disponibile a chiedere 'advice' (consigli, pareri) al Fondo solo sull'applicazione delle conclusioni dell'Eurogruppo del 27. Gli 'advice' del fondo si affiancheranno al ruolo della Commissione Ue.
La conferma delle difficoltà attraversate dall'Italia viene anche dalla prima carica dello stato. Parlando all'Altare della patria il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha detto che "il nostro paese e tanti altri nel mondo sono stretti in una crisi economica di intensità, durata ed estensione senza precedenti nel periodo seguito alla Seconda guerra mondiale. Il momento è molto difficile e duro".
La notizia del commissariamento italiano è filtrata questa mattina dopo una giornata e una nottata tutte in salita per Silvio Berlusconi. Il pressing dei partner europei, ed in particolare della presidenza francese del G20, torna a farsi sentire. E il capo del governo è nuovamente sulla difensiva, consapevole della debolezza di un governo che poggia su una maggioranza sempre più sottile 1.
Il Cavaliere fa di tutto per tranquillizzare sulla compattezza del governo. Scende appositamente dalla scaletta del volo di Stato che lo porta in Francia insieme a Giulio Tremonti. Il tutto a favore di telecamere. Anche Palazzo Chigi sottolinea che sull'aereo il clima è cordiale e proficuo. Il Cavaliere e il Professore avrebbero perfino scherzato prima del decollo mimando due pugili pronti ad affrontarsi per poi salutarsi calorosamente. Ma è difficile che un'ora scarsa in aereo abbia appianato distanze e contrasti che ormai nessun ministro nasconde più.
E, come dice senza tanti giri di parole Nicolas Sarkozy, è tempo di passare dalle parole ai fatti. "Abbiamo preso atto con interesse" delle misure varate dal governo italiano, spiega il presidente francese stando bene attendo a evitare ironie, "ma anche lui sa che la questione non è il contenuto del pacchetto, ma se sarà applicato".
Il presidente del Consiglio prova a rassicurarli: "l'Italia ha sempre onorato il proprio debito e ha sempre rispettato gli impegni europei e internazionali", ripete il Cavaliere, cercando di rassicurare i Grandi sulla solidità dei "fondamentali" dell'Italia. Ma sono argomenti che non convincono più di tanto.
Le parole di Sarkozy in conferenza stampa dimostrano che il tentativo riesce solo in parte: contano i fatti, ripete infatti il presidente del G20. Tutti sanno che c'è il serio rischio che Berlusconi non abbia più i numeri parlamentari per trasformare le promesse in realtà.
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