Bossi: «Troppi parlano a vanvera»
«Da Napoli e Roma è facile dire che la Padania non esiste. Finiremo il federalismo, Napolitano firmerà»
Fabio Rolfi con Umberto Bossi un mese fa a Manerbio (Cavicchi) |
LEGA DA SOLA? SÌ, MA VINCEREBBE LA SINISTRA - «Fai l'accordo elettorale, quello ti vota il federalismo e per di più subito dopo ti dobbiamo abbandonare... Non si può fare un accordo, andare a votare e poi abbandonare: quando vengono le elezioni si può sì, evitare di andare assieme, si può che la Lega va da sola, sapendo già però che con questo vince la sinistra» ha detto Bossi. «Noi cambiamo quando è il momento di cambiare - ha aggiunto - e cerchiamo di mantenere la parola. Questo è quello che abbiamo dovuto fare».
FEDERALISMO - «Io e Calderoli stiamo finendo bene adesso il federalismo, e penso che il presidente della Repubblica firmerà. Però diciamo che è facile dire da Napoli e da Roma che la Padania non esiste per tranquillizzare, ma tutti hanno capito che l'Italia non tiene più» ha aggiunto Umberto Bossi.
DELLA VALLE - «Se gli imprenditori stanno gridando, troppo secondo me, è perché anche loro qualche difetto ce l'hanno, non c'è più nessuno che è capace di inventare un lavoro». Bossi ha commentato le critiche di Confindustria e di alcuni imprenditori, come Diego Della Valle, all'operato del governo. «Non li vedo tanto capaci di progettare un futuro - ha aggiunto -. Possono parlare, ma se tutto quello che chiedono sono i vantaggi dello Stato, rischiamo di diventare come il sud: chi vive di vantaggi, di aiuto dello Stato, non va molto distante». «Oggi quel che vedo è che certo un po' di tasse in meno farebbe bene alle imprese, ma anche un p0' di idee in più, un po' di capacità in più a investire nel futuro in nuovo lavoro non farebbe male», ha proseguito. «Inutile che dicano "colpa della politica", è colpa di tutti: è colpa di quelli che avevano in mano il volante e non hanno saputo guidare, sennò è troppo semplice dire che è colpa di Berlusconi: quello avrà le sue colpe, ma non è che quando piove è sempre colpa di Berlusconi».
CADREZZATE - Il leader del Carroccio ha poi dato il suo «endorsement» a Maurilio Canton, in corsa per diventare segretario provinciale di Varese, nel congresso di domenica prossima. «Adesso a Varese c'è il congresso, io mi auguro votiate tutti per il sindaco di Cadrezzate», ha detto. «Ho visto che ha fatto una cosa buona, ha fatto un libretto per tutti i militanti che vogliono domani diventare consiglieri comunali, un libretto semplice su cui riescono a indirizzarsi su cosa fare per ottenere il risultato. Questo sono le cose da fare. Io ho bisogno di un segretario che dia la possibilità a tutti di andare avanti, e, per farlo, devono sapere qualcosa», ha spiegato. «Noi non abbiamo bisogno di geni - ha concluso -, ma della gente che è interessata a quello che fa e si impegna a fare le cose. I geni li regaliamo agli altri. La Lega è sempre andata avanti è sempre stata prima perchè aveva gente che ci credeva, che lavorava senza ottenere niente in cambio. Sembra siano diventati tutti geni, non è così, con la macchina della Lega che c'e,'"dietro scompaiono tutti". È la vecchia Lega dei suoi militanti che conta».
L'INTERVENTO DOPO LE APERTURE DI MARONI SUL RITORNO ALLE URNE
Casini con Maroni
MILANO - Sono davvero più vicine le elezioni dopo le parole del ministro Roberto Maroniche ha aperto sul referendum? Si andrà al voto anticipato? Il ministro Roberto Calderoliai microfoni del Tg1 allontana l'ipotesi. «Credo che ci sia davanti un grosso obiettivo - spiega - trasformare l'attuale legislatura in una legislatura costituente». Le parole dei due esponenti del Carroccio riaccendono il dibattito sull'ipotesi di un ritorno anticipato alle urne. E il "partito de voto" si allarga. Il leader Udc Pier ferdinando Casiniapre alle dichiarazioni di Maroni. «Con questa maggioranza in stato confusionale - dice - è impossibile fare una riforma della legge elettorale condivisa, quindi, pur senza nostalgie per il mattarellum, meglio dare la parola ai cittadini», sostiene il centrista. In numero uno del Pd Pier Luigi Bersani è convinto che il governo non arriverà «anche perchè, ogni qualvolta Berlusconi e i suoi dicono che rimarranno fino al 2013 lo spread va su». Più esplicitamente il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro appoggia l'ipotesi di voto anticipato. «Una volta tanto - sostiene l'ex pm - sono d'accordo sia con Casini sia con Maroni: i tempi sono maturi per andare ad elezioni. D'altronde, non ci sono alternative se non si riesce a cambiare la legge elettorale in questa legislatura. Quindi le strade sono due: o elezioni subito o referendum. L'Italia dei Valori è disponibile ad entrambe le soluzioni».Cresce il partito del voto
Il leader Udc: «Con questa maggioranza impossibile fare riforma elettorale». Calderoli: «Meglio fase costituente»
LE CRITICHE - «I cittadini - racconta sul suo blog Di Pietro a proposito del referendum - ci rincorrevano per firmare non perché volessero esercitare un'azione di antipolitica, ma perché volevano esercitare un'azione politica. Noi vogliamo una nuova legge elettorale». Per il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, «la legge elettorale, quale che sia, deve consentire in primo luogo all'elettore di scegliere il premier, la coalizione, il programma. Il resto è materia di confronto». Per Gasparri si dovrebbe subito avviare un confronto sul presidenzialismo. Il ministroSaverio Romano si dice d'accordo con il collega di governo Ignazio La Russa: è opportuno, sostiene, «lasciare la legge elettorale attuale introducendo le preferenze. Cosi si può recuperare il rapporto elettore eletto». Ha una sua proposta anche il governatore lombardo Roberto Formigoni, secondo cui bisognerebbe aggiungere le preferenze alla attuale legge elettorale.
PORCELLUM E MATTARELLUM - Calderoli, padre del Porcellum, disconosce la creatura e rivela: la Lega lo accettò sotto ricatto. Intervistato dal Tg1, il ministro ha affermato infatti che all'epoca della nascita dell'attuale legge elettorale «la Lega ed il sottoscritto erano a favore del Mattarellum». Il «Mattarellum» è il sistema elettorale che rientrerebbe di fatto in vigore qualora passasse il referendum appena presentato in Cassazione. «Fummo ricattati da Casini e dall'Udc, per introdurre un sistema proporzionale», punta adesso l'indice l'esponente del Carroccio, «da Fini che voleva le liste bloccate e Berlusconi che voleva il premio di maggioranza». Quanto alla sinistra, dette la sua «collaborazione non dicendo nulla». A rafforzare il disconoscimento, Calderoli ricorda di essere stato lui, l'autore della legge, ad affibbiarle in nomignolo con il quale è passata ai libri di storia come legge «porcata», da cui poi il nomignolo coniato da Giovanni Sartori.
Lega nord spaccata
I maroniani avanzano. Domenica nell’elezione del segretario provinciale della Lega Nord di Brescia
ha vinto infatti il vicesindaco della città, Fabio Rolfi, candidato considerato vicino all’area che fa
riferimento al ministro Roberto Maroni. Rolfi ha vinto con 255 preferenze su 434, sbaragliando
la concorrenza del candidato bossiano Mattia Capitano, che di voti ne ha incassati 176. Ma
non è una questione di numeri o di volti emergenti. L’interesse nella vicenda è tutto legato al futuro
del partito, che va delineandosi proprio in questi frangenti e che, più di tanti altri movimenti, va letto
anche nelle sue evoluzioni più locali. Sono le correnti leghiste che si misurano. Ieri a Brescia,
domenica prossima a Varese: si fanno largo a livello provinciale per conquistare, a catena, il
controllo di tutto il partito.
Ma guai a parlare di divisioni e spaccature. Nel capoluogo bresciano il trentaquattrenne
neosegretario provinciale ripete la lezione, allontanando le ombre delle lotte intestine:
“La Lega è un partito democratico – ha dichiarato Rolfi a Brescia Oggi -. Le correnti sono
fantasie giornalistiche. Noi ascoltiamo ogni posizione, la rielaboriamo e troviamo sempre
un punto di incontro che possa far crescere il movimento. Anche nella corsa alla segreteria
è successo questo. Nulla di più”.
Stessa linea adottata anche dal cerchiomagista Mattia Capitano, che soffoca le voci di
dissenso: “Ci abbiamo provato. Sapevo che mi sarei scontrato con il numero uno di Brescia.
Da oggi si volterà pagina, lavorando uniti per il bene della Lega Nord e della Padania”.
Sarà, ma le sensazioni vanno in una direzione ostinatamente opposta. Del resto Brescia
è la provincia che ha fatto eleggere il giovane Renzo Bossi alle regionali del 2010,
quelle macchiate dal caso di dossieraggio che vede indagata l’assessore regionale
leghista Monica Rizzi. Una vicenda, quella del Trota e degli aiutini che lo hanno portato al
Pirellone, che i militanti non hanno mandato giù facilmente e che in molti indicano come la madre
di tutti i problemi.
Dopo la vittoria maroniana a Brescia si guarda con estrema attenzione anche all’evoluzione della
situazione in provincia di Varese. Terra di grandi nomi per il Carroccio e patria di tutte le divisioni.
Di Varese è il cosiddetto “cerchio magico”, il gruppo di potere costruito attorno a Umberto Bossi
e gestito direttamente da Gemonio dalla famiglia e dai fedelissimi. Di Varese è anche il capo della
fazione opposta, il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Su questo territorio gravitano nomi pesanti
per il partito, da Rosy Mauro a Marco Reguzzoni passando per Giancarlo Giorgetti.
Facile capire il perché dell’importanza della sfida di domenica prossima.
Da settimane circolano indiscrezioni e ipotesi. È tutto un continuo di telefonate, raccolte di firme e
riunioni carbonare. Sembra che le forze in campo siano addirittura tre. Una maroniana (Leonardo Tarantino), una cerchiomagista (Maurilio Canton) e una vicina al senatore Fabio Rizzi
(Donato Castiglioni), terzo incomodo, che in provincia ha fatto il segretario prima dell’elezione a
Palazzo Madama. Poco contano i nomi, sono personaggi di seconda linea, che rispondono
direttamente ai vertici nazionali del partito. A sei giorni dal voto il peso delle correnti è già stato
determinato. Sembra che la metà dei circa trecento delegati sia saldamente in mano ai maroniani.
Il trenta per cento è controllato dal cerchio magico e la parte rimanente fa capo al senatore Rizzi.
Insomma, si va profilando un nuovo successo per Bobo Maroni.
Resta però l’ipotesi che nelle prossime ore Bossi possa imporre un candidato unico, proprio per
allontanare lo spettro delle spaccature e delle divisioni interne. Una scelta, quest’ultima, che
darebbe la conferma della debolezza del leader. Costretto a nascondersi dietro un’autorità che
ormai i militanti non sembrano più volergli riconoscere.
Scontro Tosi-Calderoli"La Padania? Discussione inutile"
Il sindaco di Verona taglia corto sulla questione secessionista: "E' solo filosofia".
Dura la replica del ministro: "Le sue parole vanno contro il nostro statuto".
Il primo cittadino all'attacco anche sulla legge elettorale: "E' una schifezza.
Fu fatta secondo calcoli ben precisi per garantirsi la vittoria elettorale"
La replica: "E' contro lo Statuto". Pronta la replica del ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, protagonista nei giorni scorsi di uno scontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano 1 sul tema della secessione. "Dissento profondamente rispetto alle dichiarazioni odierne rilasciate dal sindaco Flavio Tosi in merito alla Padania e ne sono particolarmente amareggiato. Le stesse dichiarazioni, infatti, contrastano apertamente con le finalità previste dall'articolo 1 del nostro statuto: finalità che Tosi, come vecchio militante, dovrebbe ben conoscere e soprattutto rispettare", ha detto l'esponente del Carroccio.
"La legge elettorale? Una schifezza".
Dal primo cittadino veronese è arrivato anche un duro attacco alla legge elettorale. "E' una schifezza. Non consente di scegliere gli eletti, è una bruttissima legge ma venne fatta con uno scopo preciso. Lo stesso Calderoli la definì una porcata, fu fatta secondo calcoli ben precisi per garantirsi la vittoria elettorale in quel momento e portò a quel risultato, ma come legge effettivamente è una schifezza".
«Circolare Ceausescu» per i sindaci della Lega
Ci mancava solo la «circolare Ceausescu », ad animare queste già tormentate
giornate leghiste. Dopo la delibera per impedire ai sindaci di manifestare con l
’Anci contro i tagli del governo, ora è arrivata anche la museruola mediatica.
Niente più interviste di politica nazionale per sindaci ed amministratori locali.
Solo Bossi potrà compilare la lista dei “dichiaratori autorizzati”, fermo
restando che i dirigenti locali potranno esternare solo sui temi del loro
territorio. Naturalmente, i reprobi saranno sanzionati, con pene che possono
arrivare fino all’espulsione.
Il pensiero naturalmente corre al sindaco di Verona Flavio Tosi, il più netto a
considerare chiusa la stagione di Berlusconi, su cui pende da settimane una
minaccia di scomunica...
Ieri il sindaco è stato persino costretto a smentire alcune notizie di stampa:
«Non sono stato convocato lunedì scorso in via Bellerio e non ho ricevuto alcun
cartellino giallo». Gli articoli parlavano di una sorta di “ultima chiamata” da parte
del Senatur, che l’avrebbe messo con le spalle al muro. Non è un mistero che il
cerchio magico intorno al Capo, a partire da Rosi Mauro, Bricolo e il segretario
veneto Gobbo, stiano cercando un incidente per l’espulsione. Come è noto,
però, Tosi non è affatto isolato. Ieri sul Corriere della Sera, in prima pagina,
il grido di dolore del sindaco leghista di Macherio Giancarlo Porta, militante da
vent'anni, che si è detto «avvilito e incazzato», «mi sento tremendamente preso
in giro».
Il concetto è semplice: «Ormai la tenaglia probabilmente ricattatrice del premier
ci sta portando alla deriva, come Italia e come Lega». Porta mette giù la lista di
doglianze tipica del leghista: i salvataggi di Milanese e Romano, le zuffe interne
«per le poltrone», la rabbia per le pretese censorie di Calderoli. Un grido di dolore
che viene raccolto anche da altri sindaci che, nonostante la «circolare Ceausescu»
dicono la loro. «Milanese e Romano? Due casi imbarazzanti», dice il sindaco di
Tradate Stefano Candiani. «Sono passaggi difficili da giustificare e spiegare alla
nostra gente.
In questo momento sembriamo più spinti dalla necessità di governare che non di
cambiare regole che ci sono sempre state strette». «Se il federalismo vero arriva,
la nostra base può sopportare anche questi sacrifici, ma ormai siamo ai supplementari,
il tempo sta scadendo», avverte Candiani. «E le Lega è certamente Bossi, ma anche
un patrimonio di migliaia di persone». «Certo che ci incazziamo nel vedere che le cose
non cambiano», gli fa eco il sindaco di Vedano Olona Enrico Baroffio. «C’è sconforto
tra i nostri, ma resta anche una speranza: prima di dire che al governo abbiamo fallito
bisogna aspettare. E comunque se arrivano le riforme, Romano e Milanese passano
subito in secondo piano, siamo gente pragmatica...». Franco Zorzo, sindaco leghista
di Tombolo (Padova) è stato uno dei più duri contro la manovra estiva taglia-Comuni,
fino a parlare di «morte del federalismo».
Oggi è meno furioso, «i nostri ministri hanno ridotto i tagli di 2 miliardi», «ma la
situazione resta difficilissima, come leghisti volevamo molto di più di quello che
abbiamo ottenuto dal governo». «È ovvio che in questi mesi la Lega ha perso
mordente e consensi e che per stare al governo dobbiamo chiuderci naso e occhi».
E tuttavia, aggiunge, «io francamente di alternative non ne vedo all’orizzonte».
Abbastanza rassegnata anche Francesca Zaccariotto, presidente della provincia
di Venezia e sindaco di San Donà di Piave. «Il governo? È come sparare sulla
Croce Rossa, ma non vedo esecutivi in Europa che se la passano tanto meglio...».
giornate leghiste. Dopo la delibera per impedire ai sindaci di manifestare con l
’Anci contro i tagli del governo, ora è arrivata anche la museruola mediatica.
Niente più interviste di politica nazionale per sindaci ed amministratori locali.
Solo Bossi potrà compilare la lista dei “dichiaratori autorizzati”, fermo
restando che i dirigenti locali potranno esternare solo sui temi del loro
territorio. Naturalmente, i reprobi saranno sanzionati, con pene che possono
arrivare fino all’espulsione.
Il pensiero naturalmente corre al sindaco di Verona Flavio Tosi, il più netto a
considerare chiusa la stagione di Berlusconi, su cui pende da settimane una
minaccia di scomunica...
Ieri il sindaco è stato persino costretto a smentire alcune notizie di stampa:
«Non sono stato convocato lunedì scorso in via Bellerio e non ho ricevuto alcun
cartellino giallo». Gli articoli parlavano di una sorta di “ultima chiamata” da parte
del Senatur, che l’avrebbe messo con le spalle al muro. Non è un mistero che il
cerchio magico intorno al Capo, a partire da Rosi Mauro, Bricolo e il segretario
veneto Gobbo, stiano cercando un incidente per l’espulsione. Come è noto,
però, Tosi non è affatto isolato. Ieri sul Corriere della Sera, in prima pagina,
il grido di dolore del sindaco leghista di Macherio Giancarlo Porta, militante da
vent'anni, che si è detto «avvilito e incazzato», «mi sento tremendamente preso
in giro».
Il concetto è semplice: «Ormai la tenaglia probabilmente ricattatrice del premier
ci sta portando alla deriva, come Italia e come Lega». Porta mette giù la lista di
doglianze tipica del leghista: i salvataggi di Milanese e Romano, le zuffe interne
«per le poltrone», la rabbia per le pretese censorie di Calderoli. Un grido di dolore
che viene raccolto anche da altri sindaci che, nonostante la «circolare Ceausescu»
dicono la loro. «Milanese e Romano? Due casi imbarazzanti», dice il sindaco di
Tradate Stefano Candiani. «Sono passaggi difficili da giustificare e spiegare alla
nostra gente.
In questo momento sembriamo più spinti dalla necessità di governare che non di
cambiare regole che ci sono sempre state strette». «Se il federalismo vero arriva,
la nostra base può sopportare anche questi sacrifici, ma ormai siamo ai supplementari,
il tempo sta scadendo», avverte Candiani. «E le Lega è certamente Bossi, ma anche
un patrimonio di migliaia di persone». «Certo che ci incazziamo nel vedere che le cose
non cambiano», gli fa eco il sindaco di Vedano Olona Enrico Baroffio. «C’è sconforto
tra i nostri, ma resta anche una speranza: prima di dire che al governo abbiamo fallito
bisogna aspettare. E comunque se arrivano le riforme, Romano e Milanese passano
subito in secondo piano, siamo gente pragmatica...». Franco Zorzo, sindaco leghista
di Tombolo (Padova) è stato uno dei più duri contro la manovra estiva taglia-Comuni,
fino a parlare di «morte del federalismo».
Oggi è meno furioso, «i nostri ministri hanno ridotto i tagli di 2 miliardi», «ma la
situazione resta difficilissima, come leghisti volevamo molto di più di quello che
abbiamo ottenuto dal governo». «È ovvio che in questi mesi la Lega ha perso
mordente e consensi e che per stare al governo dobbiamo chiuderci naso e occhi».
E tuttavia, aggiunge, «io francamente di alternative non ne vedo all’orizzonte».
Abbastanza rassegnata anche Francesca Zaccariotto, presidente della provincia
di Venezia e sindaco di San Donà di Piave. «Il governo? È come sparare sulla
Croce Rossa, ma non vedo esecutivi in Europa che se la passano tanto meglio...».
Treviso 'processo' a Gentilini per suo ok a Napolitano
Da Verona Tosi assicura:
polemica su Padania non mi appassiona
Silenzio stampa per i dirigenti del Carroccio Veneto, Gian Paolo Gobbo segretario veneto, Antonio Da Re responsabile trevigiano e il senatore Stiffoni.
Questa sera, intanto, è convocata una riunione nella sede della Lega a Treviso e il clima si annuncia incandescente. Sul banco degli imputati c'è il pro-sindaco Gentilini, che con le sue dichiarazioni ha spiazzato una Lega già in difficoltà e presa tra due fuochi: il sostegno al governo Berlusconi e il malessere espresso dalla base.
Non sono piaciute ai dirigenti leghisti i commenti di Gentilini, in piena sintonia col Capo dello Stato, sull'unità d'Italia, l'inesistenza della Padania e la secessione definita "grottesca". Stiffoni ha definito il clima un "virus da estirpare", mentre Da Re ha invitato caldamente gli esponenti leghisti a non parlare coi giornalisti.
Ma a sorpresa è arrivato il sostegno del Pdl veneto a Gentilini. Tuttavia, la Lega Nord che ha sempre marciato monolitica e compatta, comincia a scricchiolare dall'interno. Ma mettere il silenziatore a Gentilini e al sindaco di Verona Flavio Tosi non è semplice.
Del resto, il primo cittadino di Verona al "Corriere del Veneto" ha spiegato che la secessione interessa poco ai cittadini in un momento di crisi. "C'è crisi, forse quella più brutta che l'italia sta vivendo dal dopoguerra ad oggi - sottolinea Tosi - e serve esser pratici, non deludere cittadini già esasperati da mille problemi con polemiche sterili".
Sull'inesistenza della Padania evidenziata dal Capo dello Stato, Tosi stempera il clima: "Questa polemica sulla Padania non mi sta appassionando - spiega il sindaco di Verona nell'intervista al Corriere del Veneto - perchè semplicemente non è questo uno dei problemi che ci troviamo a dover affrontare ora".
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