Inter e Roma crescono
Ma la rete non arriva
Milano, 17 settembre 2011
A San Siro - nell'anticipo serale della 3ª giornata di campionato - i giallorossi dimostrano progressi sul piano della personalità e della manovra, i nerazzurri nella ripresa sfiorano il gol con Sneider, Forlan e Zarate. Ma per le malate di inizio stagione i 3 punti sono rimandati. Stekelenburg k.o.: colpo alla testa di Lucio
A voler essere degli inguaribili ottimisti, là dove c’era solo un cratere, inizia a vedersi un abbozzo di fondamenta. A essere realisti, i lavori sono già tremendamente in ritardo. Inter e Roma escono da San Siro con uno 0-0 che almeno non getta nessuna delle due del baratro e forse fa respirare un po’ i due tecnici.
GASP E LUIS — I lavori in corso continuano, ma con qualche distinguo: le fondamenta dell’architetto spagnolo paiono un po’ più solide, con una squadra che ha un’idea di base, che per 80’ pare migliore e che potrebbe aver meno fretta. Gasperini prova a costruire con materiali pregiati, ma non sempre adatti: la sua Inter mostra sprazzi di gioco per un tempo troppo limitato, poi prevalgono errori e una certa confusione. Le azioni migliori arrivano da lampi dei singoli, ma la palla salvata da Kjaer su tiro di Sneijder, nel finale, poteva valere i tre punti. Zanetti non può festeggiare troppo l’aggancio a Bergomi (756 presenze in nerazzurro), la striscia di 13 vittorie in casa si ferma. Se non altro, è arrivato il primo punto: Gasperini mostra di accontentarsi, quando toglie Forlan e inserisce Muntari, con Pazzini continua a valutare se la panchina sia comoda. Luis Enrique trema all’inizio, quando Stekelenburg resta a terra dopo aver preso un calcio in testa da Lucio (accertamenti al Niguarda) e nel finale, quando l’Inter spinta dal pubblico prova la zampata con Jonathan e Sneijder.
- Sneijder e Burdisso. Afp
INTER, SOLO SPRAZZI— L’azzardo iniziale di Gasperini è andare avanti per la sua strada: dopo la parentesi di Champions torna alla difesa a tre e all’assetto visto in Supercoppa, con Sneijder in un centrocampo più folto. Da subito la curva mostra con gli striscioni il suo appoggio a tecnico e giocatori, prendendosela con la società e con chi chiede a Gasp di snaturare il suo gioco. Per un tempo, il primo, è la miglior prestazione dell’Inter in questo triste inizio di stagione. Poi si perdono misure, la squadra si sfilaccia, subentra la paura, e la Roma prende possesso del campo. I tre centrali concedono qualcosa, ma non le decine di occasioni di Palermo, Nagatomo si trova più a suo agio a destra (ma spara alta la palla del possibile vantaggio al 35’). Per un po’ si vede una squadra che si muove di più e meglio, trovando saltuariamente scambi e aperture di gioco sugli esterni. Nella ripresa però (prima della sfuriata finale) Cambiasso e compagni pressano poco e male, i nerazzurri retrocedono e si limitano al contropiede. Davanti si fa ancora fatica: si aspetta l’invenzione di Sneijder, con Milito e Forlan che paiono non riuscire a capirsi (l’uruguaiano è ancora un "estraneo"). Zarate appena entrato, parte in un assolo e sfiora il golaço (sinistro a un pelo dal palo lontano).Inserirlo in un contesto di squadra è la grande sfida.
ROMA, BORINI PROMOSSO — L’azzardo iniziale di Luis Enrique è inventarsi due terzini: piazza a destra Perrotta e a sinistra Taddei. Il brasiliano soffrirà più del 34enne ex azzurro, ma anche perché è preso in mezzo dal duo Nagatomo-Zanetti. Nel complesso, comunque, l’azzardo regge, così come paga piuttosto bene la scelta di lanciare Borini titolare dal 1’. L’Under è il più attivo dell’attacco giallorosso, arriva al tiro più volte e rincula quando serve. Meno attivo Osvaldo, che pure ha due grandi occasioni, in apertura delle due frazioni. A tratti la squadra di Luis Enrique fa vedere il pressing alto e il possesso palla di scuola Barça: intendiamoci, siamo lontani anni luce dagli show degli uomini di Guardiola, ma qualcosa si muove. Totti non è sempre preciso e talvolta si assenta, a centrocampo bisogna ancora trovare la formula giusta: il rispolverato Pizarro si fa apprezzare, e poi rimpiangere quando Gago lo sostituisce. Nel finale subentra la paura, mentre i tifosi interisti se ne vanno da San Siro senza sapere bene cosa fare, se applaudire o fischiare.
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