venerdì 16 settembre 2011

Pordenone Legge. Apre Paolo Mieli: "Intellettuali senza coraggio"


I capolavori letterari dell'Ottocento, per capire l'Italia di oggi. Paolo Mieli inizia con «Le ultime lettere di Jacopo Ortis», il libro che consiglierebbe ai politici contemporanei, perché Foscolo con il suo romanzo dimostra il coraggio degli scrittori che hanno vissuto la storia dell'unificazione italiana. L'audacia di raccontare la verità nella sua complessità, molto più coraggioso degli storici di allora, e di oggi: «Sono molti - spiega - gli intellettuali italiani del Novecento che assomigliano a Vincenzo Monti, invece che a Ugo Foscolo, che cambiano bandiera appena cambia regime politico. Dopo la prima Repubblica, non si è trovato più nessun filosocialista o filodemocristiano. Né troveremo domani più un filoberlusconiano».
      Ma non è la questione politica che importa a Mieli, quanto la capacità di «non agire per convenienza, di non essere al servizio, e non di un partito piuttosto che un altro, ma del sistema delle parti. Il consiglio che darei a un intellettuale per l'Italia di oggi, è di farsi venire dei dubbi e poi scioglierli». Più coraggio, insomma. Dal 1796 e lungo tutto il secolo successivo, la storia è stata più faticosa di quanto si studi nei libri di storia. Eppure sono solo gli scrittori che a modo loro, ciascuno con la sua differenza e epoca, ne hanno riportato la complessità, la gestazione di decenni prima di sentirsi veramente italiani.
      E allo stesso modo, il futuro che si pone oggi «è quello dell'Europa. Su questa bisogna lavorare, non credo a un destino dell'Italia, bensì dell'Italia nell'Europa. Occorre pensare a come diventare leader del processo europeo. Oggi siamo alle prese con la manovra, sarebbe importante formularla in modo tale che ne diventi un esempio». Quella dell'Ottocento è la letteratura che racconta l'erroneo segreto italiano di sempre: quello di credere che l'Unità nazionale potesse nascere con «le baionette di un esercito straniero».
      E poi «l'invasione del sud, perché malgrado io non riconosca il piagnisteo del vittimismo meridionale, quella dei popoli del sud Italia è stata una conquista spietata, fatta di guerriglia», motivo ancora oggi «della frattura identitaria». Il «non sapere cosa stava loro capitando emerge nei ?Malavoglia di Vergà», così come «la Roma capitale immorale di un Paese immorale di cui scrive Federico De Roberto, in pagine stupefacenti che sembrano scritte oggi».
      Mieli, oggi a capo di Rcs Libri, ma il cui essere giornalista emerge quando la parola si ferma al solo sentire la sigla che accompagna i titoli del Tg1, ha raccontato l'Italia narrata nelle parole di chi l'ha vissuta. Di chi non ha mistificato un glorioso Risorgimento, di chi chiedeva una nazione normale e non un Paese che dovesse illuminare il mondo, di chi non ha rischiato di fare un revisionismo veritiero seppur inconsapevole. Con un riconoscimento alla storia italiana «fatta di luci e ombre», e con l'onore ai libri si è aperto pordenonelegge.it, perché è «importante che esistano avvenimenti culturali di questo tipo anche in tempi di tagli facendo però attenzione a discernere quali fanno veramente cultura».
Il Gazzettino

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