martedì 27 settembre 2011

Caso Tarantini, Berlusconi probabile indagato il Riesame assegna inchiesta a procura di Bari



Ribaltata la decisione del gip: cambia il capo di imputazione e la competenza va alla procura del capoluogo pugliese. Per i giudici, sussiste " l'ipotesi di istigazione (da parte di Berlusconi verso Tarantini, ndr) a mentire davanti all'autorità giudiziaria", ipotesi che potrebbe portare all'iscrizione nel registro degli indagati del presidente del consiglio. Tornano liberi Tarantini e la moglie. confermato mandato d'arresto contro Lavitola


NAPOLI - Né Napoli né Roma: il tribunale competente a indagare sul presunto ricatto ai danni del premier Silvio Berlusconi è quello di Bari. Ma soprattutto il tribunale del riesame di Napoli interviene anche sui capi di imputazione di quell'inchiesta, rischiando di coinvolgere anche il presidente del consiglio in qualità di indagato.

La decisione del tribunale del Riesame di Napoli giunge dopo 14 ore di Camera di Consiglio e cinque minuti prima della mezzanotte quando sarebbero scaduti i termini. E l'esito rappresenta l'ennesimo colpo di scena dell'inchiesta sul presunto ricatto al premier Silvio Berlusconi. L'inchiesta, originariamente relativa a un presunto ricatto ai danni del premier, ora riguarda un capo di accusa per istigazione a mentire davanti all'autorità giudiziaria.

Il cambio di capo di imputazione riguarda Walter Lavitola, ma vista la nuova ipotesi dovrebbe essere chiamato in causa in qualità di imputato anche Silvio Berlusconi. I due avrebbero indotto Tarantini a fare false dichiarazioni nella inchiesta di Bari sulle escort, oltre che davanti al gip e al pm di Napoli. Per tale motivo il riesame ha individuato l'autorità giudiziaria di Bari (dove sono avvenuti i primi interrogatori di Tarantini) come quella competente a procedere, e non più Napoli o tantomeno Roma, come indicato dal gip.

La decisione ribalta quindi sia la tesi dei pm di Napoli, che rivendicavano la competenza sull'indagine, sia la decisione del gip Amalia Primavera, che aveva spostato
la competenza dal capoluogo campano alla capitale.

Il Riesame ha anche annullato l'ordinanza cautelare nei confronti di Giampaolo Tarantini. Libera anche la moglie Angela Devenuto. Confermato invece il provvedimento restrittivo per Walter Lavitola. L'imprenditore ha già lasciato il carcere di Poggioreale. All'uscita ha dichiarato: ''Voglio solo andare a casa e abbracciare le mie bambine''. L'imprenditore è poi salito a bordo dell'auto del suo legale ed è partito alla volta di Roma.

La Repubblica










milella

Conclusione inevitabile per Silvio

Questo blog l’ha scritto in anticipo – era il 18 settembre e ne è seguito un dibattito vivace – che Silvio doveva “dire grazie ai pm” che, fino a quel momento, non gli avevano contestato l’induzione a rendere una falsa testimonianza. Il reato era lì, evidente, occhieggiava tra le testimonianze di Tarantini rese ai procuratori di Bari nell’indagine sulle escort, e ancora nella discrasia manifesta tra quei verbali e le intercettazioni dell’imprenditore barese con il giornalista-faccendiere Lavitola. Di certo, quando i pm Woodcock, Curcio e Piscitelli hanno contestato a Tarantini e Lavitola l’estorsione, non avevano in mano i verbali di Tarantini resi a Bari. Magari ne avevano solo memoria. Ma quella testimonianza così insistita nel discolpare Berlusconi, quel negare ripetuto che il Cavaliere nulla sapeva dei denari versati alle ragazze, contrasta in modo marchiano con quanto lo stesso Tarantini dice al telefono con Lavitola, quando definisce “terrificanti” le registrazioni delle sue conversazioni con il premier che, ovviamente, lui ben conosce.
Berlusconi avrebbe pagato quasi un milione di euro per evitare che Tarantini parlasse. Questo è l’assunto del tribunale del riesame di Napoli. Che, con una scelta comprensibile dal punto di vista della logica, ma che per certo solleverà ulteriori contrasti tra procure e ricorsi in Cassazione, invia le carte laddove si è consumato per la prima volta, con i verbali di Tarantini, la conseguenza del pagamento di Berlusconi. Il capo del governo dà denaro a Tarantini perché lui a Bari ha già reso testimonianze compiacenti e perché sempre a Bari si svolgerà il processo sulle escort di palazzo Grazioli e villa Certosa, nel quale egli dovrà confermare quello che ha già messo a verbale. Berlusconi paga a Roma, dove il gip Primavera ha già trasferito l’inchiesta napoletana. E tra Bari e Roma potrebbe essere inevitabile il conflitto sulla competenza.
Certo, non è una coincidenza felice che a reggere la procura di Bari ci sia proprio quell’Antonio Laudati finito sotto inchiesta a Lecce, su atti inviati da Napoli, perché proprio con i suoi comportamenti, che Tarantini indica nelle sue telefonate con Lavitola, avrebbe favorito Berlusconi. Non è positivo che finora proprio Laudati non abbia avvertito la necessità di “correre” a Napoli per capire se quell’inchiesta si saldava con la sua. A questo punto l’indagine di Lecce su Laudati diventa urgentissima, così come sono strategici gli accertamenti del Csm. Se Laudati resta a Bari, visto che non avverte la sensibilità di farsi da parte in una situazione così delicata, siano Lecce e il Csm a sbrogliare in fretta la matassa. E a decidere se il procuratore ha i titoli morali per restare lì oppure se ne deve andare subito.
La decisione del riesame di Napoli ha un gravissimo risvolto politico. Ormai Berlusconi è arrivato a collezionare un numero spropositato di inchieste. E altre ancora potranno nascerne, visto che potrebbe cadergli addosso un’accusa di corruzione, tra Bari e Roma, per aver mediato oltre il lecito nei rapporti tra Tarantini e i vertici della Protezione civile (Bertolaso) e quelli di Finmeccanica. Non basta. Se Berlusconi ha indotto Tarantini a mentire, vuol dire che vibè un’altra verità da scoprire sulle escort del Presidente. Essa può essere una sola: il Cavaliere non era solo, per usare l’espressione del suo avvocato Ghedini, “l’utilizzatore finale” delle ragazze, ma colui che, pagando, le induceva a prostituirsi. Non solo senza badare se esse fossero minorenni o maggiorenni, ma anzi cercandone della prima categoria, come il caso Ruby dimostra appieno.
Sarebbe oltremodo urgente che il premier optasse per un passo indietro, per difendersi liberamente davanti ai magistrati da un lato, per restituire trasparenza al quadro politico dall’altro. Non si riesce a capire con quale faccia egli possa affrontare in Parlamento la battaglia sulle intercettazioni che lo riguarda da presso. E magari mettere anche la fiducia per accelerare una legge destinata a mettere il bavaglio ai giornali e non far pubblicare proprio le intercettazioni che lo riguardano e che potrebbero portarlo a una condanna.
Questa volta non sono stati i pm di una procura a metterlo in stato d’accusa, ma addirittura forzatamente i giudici che hanno rimbrottato le scelte dei pm. Ciò rende la posizione di Berlusconi ancora più compromessa. E il passo indietro inevitabile. In caso contrario l’imbarbarimento istituzionale salirebbe a un gradino mai raggiunto. Mettendo a rischio lo stato di diritto in Italia.




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