Viktor Cancian, vent’anni, con un pugnale colpì venti volte al volto e al collo l’amico diciannovenne Matteo Salata. Fino a ucciderlo. Si erano incontrati la sera del 9 settembre dello scorso anno nel parco del Seminario per fumare uno spinello.
Un omicidio premeditato, così nella ricostruzione della Procura, che attraverso il pm Annita Sorti ieri ha chiesto una condanna a 30 anni di reclusione. Significa che avrebbe concluso per l’ergastolo se il processo non fosse stato celebrato con rito abbreviato in udienza preliminare. Ma la premeditazione non ha retto e Viktor ha avuto meno della metà degli anni chiesti dal pm: 13 e 8 mesi, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici come pena accessoria. Così ha deciso il gup Alberto Rossi, con una sentenza che rappresenta una chance di recupero per questo ragazzo russo confuso e con sofferenze psichiche, dall’infanzia segnata da eventi tragici e dalla dura esperienza dell’orfanotrofio. Problematiche che nelle valutazioni del giudice costituiscono un’attenuante assieme all’incensuratezza, alla giovane età, al fatto che all’indomani dell’omicidio si è costituito e ha fatto trovare l’arma del delitto. Concesse le generiche, esclusa la premeditazione, scontata la pena di un terzo, come previsto dal rito, la pena è scesa a 13 anni e 8 mesi (il giudice era partito da 24).
Viktor ieri è arrivato in Tribunale poco dopo le 9 senza mai incrociare lo sguardo con i genitori e le zie di Matteo. Sembrava un ragazzo qualsiasi: jeans, Nike ai piedi, felpa sportiva, capelli rasati e gomma americana, se non fosse che al suo fianco c’erano le guardie penitenziarie. In meno di mezz’ora il pm è arrivata alla sua conclusione, nella quale pesano contraddizioni, dubbi non ancora risolti e un movente sospeso in una sorta di limbo. «Ho dovuto difendermi dall’aggressione di Matteo - era stata la giustificazione dell’imputato - Ho pensato "meglio morto lui che io"».
I suoi difensori - Franco Vampa e Roberto Lombardini - hanno sostenuto che quella di Viktor è stata una legittima difesa putativa, che ha agito nel timore di essere colpito e che nel parco del Seminario quella sera c’era andato su invito di Matteo. Si sono battuti per far cadere la premeditazione e ci sono riusciti. Hanno ricordato che i due giovani avevano fumato assieme anche la sera prima. Si dovevano rivedere. Mentre sta aspettando nel parco, Viktor inviterà un’amica a raggiungerlo. Lei rifiuta. «Vieni, sono nel parco», dirà a un altro amico che lo contatta. Perchè li invita se ha veramente intenzione di uccidere? Subito dopo Matteo gli manda un sms: «Vado a casa sono stanco». Viktor insiste per incontrarlo: fumeranno assieme, poi lo ucciderà.
«È stata una sentenza equilibrata, per Viktor si apre una "luce" - hanno commentato i difensori - Siamo convinti che la premeditazione sia molto dubbia, tecnicamente siamo soddisfatti. Ma c’è un ragazzo morto, bisogna avere rispetto».
Cristina Antoniutti
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