lunedì 22 agosto 2011

Il bunker, i messaggi: le ultime ore del Colonnello

Il Raìs ha escluso la resa, ma potrebbe avere un piano B: 
 salvacondotto per l'estero 

Il giorno più lungo del Colonnello è iniziato tra sabato e domenica, quando i ribelli si sono avvicinati a Tripoli. Gheddafi ha atteso e poi ha parlato. «È l'una e ventuno di domenica....È l'una e ventinove». Collegato in diretta telefonica con la tv libica, ha scandito più volte i minuti. Voleva dimostrare che non era un trucco. Poi ha interloquito, sempre a distanza, con i seguaci radunati sulla piazza Verde. A una giovane ha chiesto di mostrare il cartello con la data del giorno. «Fallo vedere bene», ha esortato la Guida. Quindi ha usato parole dure verso gli avversari - i «ratti» - ma con un tono insolitamente pacato. Sembrava «in controllo», non c'era isteria. Che è riemersa, però, nel pomeriggio di ieri, nel pieno della battaglia, quando Gheddafi è tornato a farsi sentire con veemenza: «Non me ne andrò. Non mi arrendo. Temo che Tripoli brucerà». E poi, nella notte quando il mondo sta già vedendo le immagini delle feste nelle strade, l'appello ai suoi partigiani perché «ripuliscano» la capitale dai ribelli. Gli abitanti di Tripoli, ha detto, «devono uscire subito per ripulire la capitale. Non c'è spazio per gli agenti del colonialismo a Tripoli e in Libia». Un cambio di registro legato a quanto stava avvenendo nei dintorni della città, presa d'assalto dagli oppositori.

LA BATTAGLIA DI TRIPOLI


  La battaglia di Tripoli    La battaglia di Tripoli    La battaglia di Tripoli    La battaglia di Tripoli    La battaglia di Tripoli    La battaglia di Tripoli    La battaglia di Tripoli
I ribelli, infatti, sono piombati sulla capitale prima del previsto rovesciando la debole difesa. Muammar ha evocato l'Apocalisse per rivolgersi a quanti erano rimasti con lui nella trincea. Ed ha tentato di rispondere alle segnalazioni incontrollabili. «Ha lasciato Tripoli a bordo di uno yacht», avevano sostenuto nel tardo pomeriggio i ribelli. No, hanno corretto, si trova già in Algeria. Intanto a Tripoli era battaglia e i nemici del Colonnello sembravano inarrestabili. Veniva annunciata la cattura di Saif Al Islam, il figlio che pensava di poter sostituire il padre, e forse dei fratelli Saadi, l'ex calciatore, e Mohammed. Poi arrivava l'offerta di negoziati diretti e cessate il fuoco agli insorti. Quindi un terzo messaggio - registrato al tramonto - del Raìs. Infine la notizia storica - «Preso Gheddafi» - smentita nel giro di pochi minuti.

LA CADUTA DI TRIPOLI, FESTA IN LIBIA

  La caduta di Tripoli, festa in Libia    La caduta di Tripoli, festa in Libia    La caduta di Tripoli, festa in Libia    La caduta di Tripoli, festa in Libia    La caduta di Tripoli, festa in Libia    La caduta di Tripoli, festa in Libia    La caduta di Tripoli, festa in Libia
Incertezze e confusione che hanno alimentato le speculazioni sulle mosse di Gheddafi. E in tanti si sono sbilanciati nel sostenere che il Colonnello non alzerà - subito - bandiera bianca. Forse cercherà di restare al coperto, sognando di scamparla anche questa volta. I servizi segreti sauditi - che lo hanno studiato a lungo - ne hanno la certezza. Quando ieri la Nato è tornata a colpire il suo bunker e il comitato ha annunciato l'offensiva finale lui ha replicato con la sfida. Nascosto in qualche covo ad aspettare il Destino. Raccontano che abbia fatto costruire dei rifugi sotterranei in alternativa a quelli della caserma di Bab Al Aziziya, la residenza diventato l'ultimo baluardo. Da Bengasi suggeriscono che la storia del tunnel è un diversivo. Gheddafi potrebbe essere su un peschereccio che rimane sotto costa. Altre voci insistono sul suo bisogno di medicinali e di un medico. Potrebbe non farcela a sopravvivere da fuggiasco. E chi lo aiuterà ora che le sue Brigate paiono dissolte? Leggende e verità che accompagnano gli uomini nel mirino.

I RIBELLI A TRIPOLI

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Muammar, finché ha avuto un briciolo di speranza, ha parlato da combattente. Il discorso, trasmesso nella notte tra sabato e domenica, è stato una chiamata a raccolta. Quelli successivi hanno rappresentato l'appello alla resistenza. Disperata e impossibile. Gli insorti, ormai, si infilavano nelle vie di Tripoli marciando sul centro. Gheddafi ha attaccato i «servi» e i «crociati», convinto di avere ancora falangi da mandare verso un fronte che non c'era più. Parte dei pretoriani, invece, hanno badato a portare a casa la pelle. Quelle di Gheddafi sono state parole di propaganda ma anche la testimonianza dell'orgoglio del figlio del deserto. Chi lo conosce bene sostiene che il dittatore si è sentito offeso quando hanno parlato di un suo esilio. «Lui se ne va e lascia gli altri a crepare», era l'insulto dei ribelli. Scorrono i paragoni con altri dittatori arrivati al capolinea della Storia. Benito Mussolini costretto a indossare un cappotto da tedesco e catturato dai partigiani sulla via di Dongo. Saddam Hussein scovato in un rifugio simile a una tomba.

Muammar, aggiungono altri, potrebbe avere un piano B. Non gli mancano gli amici - dal Venezuela all'Africa -, ha montagne di denaro con il quale può comprare qualsiasi cosa. Compreso un salvacondotto. E conosce molti segreti importanti, come ha ricordato Abdallah Al Senoussi, il capo della sicurezza riapparso ieri dopo giorni di mistero ed uno dei pochi gerarchi ancora con il Raìs. L'ex numero due Jalloud, scappato in Italia, ha escluso che il dittatore possa suicidarsi. Gheddafi aspetterebbe solo l'ultimo istante per mettersi in salvo. Magari a bordo di uno dei due jet sudafricani atterrati all'improvviso a Tripoli in un giorno che non sembra mai finire e pronti a trasportarlo in Angola, nello Zimbabwe o a Caracas.
Tutti si sono augurati una partenza del Colonnello e lo hanno incoraggiato a farlo anche ieri notte. Ma se vuole morire sono in tanti disposti ad aiutarlo.

Farid Adly Guido Olimpio

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