(...Non resta quindi da pensare che il vero ostacolo all’organizzazione in Italia di un grande festival musicale di caratura internazionale sia attribuibile perlopiù a un fattore culturale. E non si parla solo di cultura musicale, ma di qualcosa di più ampio che coinvolge le istituzioni, soprattutto quelle locali. Emblematico in questo senso è quanto accaduto al Rototom. Il più importante evento reggae d’Europa si teneva all’inizio ad Osoppo (Udine); poi nel 2009 gli organizzatori si videro recapitare un avviso di garanzia per istigazione all’uso di stupefacenti, perché tra i partecipanti c’era chi faceva uso di marijuana. Dopo giorni di dubbi e paure, il cofondatore Claudio Giust e la sua squadra friulana decisero di fare le valigie e volare in Spagna, a Benicàssim, dove furono accolti con tutti gli onori del caso. Oggi il Rototom, che ha pure ricevuto un patrocinio Unesco, conta ogni anno 250 mila partecipanti, più del doppio di quelli che affollavano il parco del Rivellino, l’ex location del festival. Che, nel frattempo, ha continuato in questi anni a ricevere finanziamenti per 600 mila euro dalla regione Friuli. Il risultato è una grande area verde perfettamente funzionante, usata prima per il pascolo delle vacche e ora neanche più per quello...)
Con l’estate al capolinea, arriva il tempo dei bilanci per gli organizzatori dei festival musicali. La solita domanda da un milione di euro è: perché inItalia non si riescono a organizzare eventi come quelli che ogni anno attirano in mezza Europa centinaia di migliaia di giovani da tutto il mondo? La domanda, in realtà, vale molto di più: in Spagna il Rototom Sunsplash, il più importante festival reggae del Continente, produce un impatto sul territorio di 18 milioni di euro mentre il Sonar, il riferimento per gli appassionati di musica elettronica, vale quattro volte tanto, ben 40 milioni, senza contare l’indotto.
In Italia, dopo lo stop per due anni consecutivi dell’Heineken Jammin Festival, solo Rock in
Idro e l’Arezzo Wave possono vantare grandi numeri, che però impallidiscono se paragonati ai “concorrenti” internazionali: quest’anno all’Arezzo Wave c’erano 20 mila persone, contro le 100 mila che hanno affollato il Sonar; al Rock in Idro erano in 40 mila, poca cosa rispetto agli scatenati 120 mila di Benicàssim e ai 400 mila dello Sziget. Che l’Italia riesca a offrire tanti ottimi festival di piccole e medie dimensioni ma che non sia mai stato un paese per grandissimi eventi musicali è un dato di fatto. Al contrario di quello che si potrebbe credere, però, gli ostacoli di cui secondo i promoter come Alex Fabbro di Rock in Idro bisogna tener conto per realizzare un evento in grado di richiamare centinaia di migliaia di persone sono superabili anche in Italia. Tutti tranne uno. Andiamo per esclusione...(continua la lettura dell'articolo di Antonio Leggieri | 10 settembre 2014 Il Fatto Quotidiano)
2013 Rototom Sunslash: reggae en la playa Benicàssim (Spain) |
Era il 13 novembre 1991 quando a Gaio di Spilimbergo, isolato centro pedemontano della provincia di Pordenone, nasceva l’associazione culturale Rototom che, con l’inaugurazione della discoteca Rototom, faceva partire il suo primo progetto di musica e cultura alternativa. Rototom propose una giusta via di mezzo: un locale che non fosse solo un luogo di esibizione per i tanti gruppi della scena indie internazionale che transitavano per l’Europa, ma che fosse luogo di produzione e di sperimentazione per tutti quegli altri gruppi, oggi anche molto famosi, ma che al tempo muovevano i loro primi passi. In breve tempo il locale Rototom divenne uno dei templi della musica dal vivo più importanti d’Italia - See more
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