domenica 14 settembre 2014

L'Adriatico è in pericolo, Sblocca Italia in agguato, trivellazioni in mare. Spiagge in allarme. Trent'anni di violenze. Quando il pericolo era alle porte. 107 piattaforme offshore

Jesolo e Chioggia compatti contro le trivellazioni

Boscolo Bisto (Pd) e De Zotti (Fratelli d’Italia) propongono un fronte comune Ordini del giorno uguali da votare lo stesso giorno nei due consigli comunali



JESOLO. Jesolo e Chioggia insieme per dire no alle estrazioni di metano in Alto Adriatico. I due Consigli comunali voteranno lo stesso giorno, alla stessa ora, un ordine del giorno che impegna i sindaci ad opporsi in maniera ferma a possibili trivellazioni al largo delle coste veneziane. L’iniziativa è partita in maniera bipartisan dal capogruppo del Pd di Chioggia Mauro Boscolo Bisto e dal capogruppo di Fratelli d’Italia di Jesolo Cristopher De Zotti.
Poi c'era anche l'ipotesi del petrolio...
«Si tratta di un tema su cui non esistono scontri ideologici», spiega Bisto, «lo dimostra il fatto che faremo squadra con un partito a noi lontano. Su questioni così delicate per le nostre città bisogna agire in modo trasversale facendo sentire il peso di interi Consigli comunali senza divisioni di bandiere. L’ordine del giorno è in fase di elaborazione e terrà conto delle indicazioni nostre e di quelle dei colleghi jesolani». Appena pronto il documento sarà presentato alle due amministrazioni comunali e sarà convocata una commissione capigruppo dei due Consigli che si terrà a Chioggia o a Jesolo per illustrare l’ordine del giorno prima dell’arrivo, a stretto giro, in Consiglio. Le preoccupazioni per possibili trivellazioni al largo delle coste venete sono tornate negli ultimi giorni perché il decreto Sblocca Italia toglie la competenza decisionale alle Regioni.
Si teme che il Governo possa dare il via alle trivellazioni in Veneto.

Anni '70:  il tentativo di installare una raffineria a Lugugnana di Portogruaro

Quando il rischio era alle porte

LA RAFFINERIA
PORTOGRUARO. Negli anni ’70, sindaco Aldo Maganza e presidente del Covenor Giovanni Forte, nei pressi di Lugugnana di Portogruaro l’Eni  completò la costruzione di una grande raffineria, collegandola con un oleodotto a Mestre. L’impianto era capace di dare lavoro diretto e indotto a svariate centinaia di cittadini. 
 Al mancato completamento della raffineria dell’Eni, causato specialmente dai forti ritardi esplicitati in sede nazionale da lobby diversamente interessate, contribuirono purtroppo in maniera determinante la classe agraria portogruarese, timorosa di perdere  mano d’opera a costi insignificanti,  operatori turistici e alberghieri della costa (Bibione, Caorle e Jesolo in testa) e infine i consiglieri comunali comunisti di Portogruaro che in Municipio votarono  contro la raffineria...   


GLI SCARICA VELENI
Il Veneto orientale
violentato da 30anni
I portogruaresi sono stanchi di sopportare soprusi di ogni genere: per trent’anni sono stati “violentati” da una pericolosa discarica (il peggio, agli inizi) in località Centa Taglio a Lugugnana di Portogruaro. Solo qualche autista potrebbe sapere che tipo di rifiuti siano finiti nella maleodorante collinetta di Centa Taglio, dove stormi di gabbiani e corvi svolazzavano in continuità, scendendo in picchiata sui rifiuti rovesciati dall’ultimo camion. Fu aperta nel 1970 circa: da chi è difficile saperlo. I comitati di protesta di Lugugnana e di Giussago usavano lo slogan: “Salvin la roia”; salviamo le falde, i corsi d’acqua, la terra una volta produttrice di “cibo”, invase dal rivoltante “percolato” che solo più tardi il Covenor riuscì in qualche modo a controllare. Ma il peggio era già avvenuto.
Fu chiusa nel 1999. E tutti credettero che fosse finita, visto anche il “fatale” azzeramento della Raffineria dell’Eni. Portogruaro oggi sta riacquistando le dimensioni di “villaggio”, gradito soltanto da anziani che vivono di rendita.

Via la velen-scarica, annientata la Raffineria con migliaia di posti lavoro, diretti o indotti, oggi, con l’alibi delle energie rinnovabili, siamo invasi da centrali produttrici di energia elettrica a biomasse e  a bio-gas, meno pericolose, salvo verifica. La Regione Veneto, ha dato l’O.K. a varie centrali senza che la stessa si sia dotata di un piano regionale dell’energia. Quindi inceneritori, tutti con l’abbondante aiuto finanziario dello Stato: a Villanova con la Zignago-Power, a Summaga  con Cereal Docks, a Lugugnana con Sigeco; centrali a bio – gas a Lugugnana - Nuova Annia -, a Teglio Veneto, a Cinto Caomaggiore a La Salute di Livenza. Altre due centrali a bio- gas a Cesarolo e Latisana. I confini istituzionali non  valgono per fumi neri, diossina, polveri sottili o ultrasottili. I cittadini sono preoccupati specialmente per gli inceneritori, destinati a moltiplicarsi; chissà perché soltanto nel Portogruarese. Gli interessati dicono che andrà tutto bene...

Molise, Abruzzo, Puglia contro le trivellazioni 

in Adriatico. In piazza anche Lucio Dalla


TERMOLI. L’appuntamento è per domani, sabato 7 maggio, alle 10 nel porto di Termoli, per dire “no” alle ricerche petrolifere nell’Adriatico. La protesta riunisce tre Regioni – Abruzzo, Molise e Puglia – le loro Provincie, decine di Comuni e 280 associazioni che si oppongono al progetto di trivellazione dei fondali, ad opera della multinazionale Petrolceltic, ritenuto una minaccia per la sostenibilità ambientale del territorio. E al coro di manifestanti si unirà anche il cantautore Lucio Dalla, cittadino onorario delle Isole Tremiti. A guidare le associazioni ambientaliste sono Antonio Fasciano, presidente del Comitato tutela ambiente e mare, e Raffaele Vigilante, coordinatore delle associazioni ambientaliste del Gargano...



IL PERICOLO VIEN DAL MARE

E’ allarme per ambiente e turismo

Grossi giacimenti di petrolio e gas nell’Adriatico croato?

Mentre dal lato italiano dell’Adriatico la contrarietà a prospezioni e trivellazioni offshore di petrolio e gas si fa sempre più forte, la Croazia, ultima entrata nell’Unione europea, punta molto sullo sfruttamento dei giacimenti che ci sarebbero davanti alle sue coste dove è tornata la foca monaca. Oggi il ministro dell’economia della Croazia, Ivan Vrdoljak, ha invitato i giornalisti sulla Seabird Northern Explorer, la nave della compagnia norvegese Spectrum, che dallo scorso settembre sta svolgendo per il governo di Zagabria l’esplorazione delle i risorse petrolifere offshore, ed ha confermato che «Ci sono forti e concreti indizi che nel sottofondo marino della parte croata dell’Adriatico potrebbero esserci ingenti risorse ancora non scoperte di petrolio e di gas».
La “Multi-Client 2D seismic acquisition survey offshore Croatia” della Spectrum  copre la maggior parte dell’off-shore croato  con una griglia 5 km x 5 km. L’indagine si collega a dati sismici dell’Adriatico italiano rielaborati da Spectrum, fornendo così una  valutazione a livello di bacino e «Confronti con analoghi campi di produzione di petrolio e gas nel vicino Adriatico italiano Adriatico – dice la società norvegese – l’acquisizione sismica iniziata nel settembre 2013 e si è conclusa il 19 gennaio 2014. Prodotti i finali saranno disponibili dall’aprile 2014».
Il presidente della Spectrum, Rune Eng, conferma che i dati finora raccolti «Indicano una grande potenzialità della parte croata dell’Adriatico», ma invita alla prudenza: «È ancora troppo presto per parlare delle quantità ma l’Adriatico orientale è senza dubbio molto attraente per le corporations internazionali dato che il mare non è molto profondo, fatto che riduce notevolmente il costo delle piattaforme per l’estrazione, in paragone ad altre parti del mondo, come in Africa o in Brasile».
I dati raccolti dai norvegesi dimostrerebbero quello che gli ambientalisti italiani e croati temono: «L’esistenza di giacimenti di petrolio e di gas» che fanno già gola ad una ventina di multinazionali petrolifere che hanno già acquistato dalla Spectrum  la documentazione raccolta, cosa che non disturba Vrdoljak, che anzi ha detto che «Numeri più precisi sulle quantità delle risorse si sapranno dopo un’analisi dettagliata dei dati e un ulteriore ciclo di esplorazioni» e intanto ha annunciato che la Croazia pubblicherà già ad aprile un primo bando per le concessioni gasiere e petrolifere. Una procedura forse un po’ troppo “svelta” rispetto alle normative che l’Unione europea ha approvato dopo il disastro della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. Infatti il 21 maggio 2013, il Parlamento europeo ha approvato un rapporto che chiede nuovi standard di sicurezza nelle operazioni offshore di petrolio e gas e prevede norme che obbligano le aziende a provare la loro capacità di coprire i danni potenziali e dalle maree nere derivanti dalle loro attività e a presentare una relazione sui possibili pericoli e soluzioni, prima che le operazioni possano cominciare. Ma Vrdoljak tira dritto: «Sembra che la Croazia possa essere uno dei pochi Paesi europei che possiedono molte più risorse di gas e petrolio del loro fabbisogno e potrebbe, entro la fine di questo decennio, trovarsi nella posizione di una piccola Norvegia, diventando uno snodo energetico dell’intera regione». Secondo Vecernji list l’operazione porterebbe nelle casse della Croazia fino a 1 miliardo e 300 milioni di euro in 4 anni
Per obiettività va detto che attualmente esistono 107 piattaforme offshore dedicate all’estrazione di gas naturale, che sono ubicate per la quasi totalità nel mare Adriatico. In particolare 68 sono operative nel Nord Adriatico (costa romagnola), 33 in Centro Adriatico e 6 nel Mar Ionio di fronte alle coste crotonesi.
Comunque la piega che stanno prendendo le cose sulla costa orientale dell’Adriatico preoccupa molto  l’eurodeputato del Pd Andrea Zanoni, che fa parte della Commissione Envi ambiente, salute pubblica e sicurezza alimentare del  Parlamento europeo, che spiega: «Nonostante i dati precisi non siano ancora stati diffusi, sembra che le scorte petrolifere sottomarine ammontino a 2,87 miliardi di barili. Secondo informazioni riportate dal Vecernji list di Zagabria, ci sarebbe la possibilità di attivare circa venti centri estrattivi su piattaforma».
Il 25 novembre 2013, Zanoni ha  presentato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere indagini sulle ricerche di idrocarburi che la Spectrum sta conducendo lungo le coste croate in Adriatico, denunciando «La pericolosità dei metodi impiegati, con l’emissione ogni dieci secondi di un muro di onde sonore di 240, 260 decibel che rappresentano una fonte di inquinamento acustico subacqueo con possibili effetti negativi sul prezioso ecosistema marino».

GreenReport  24 gennaio 2014


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