Concordia, tre nomi nel mirino dell'inchiesta
Schettino ammette: "Ho sbagliato la manovra"
Interrogato il comandante responsabile del drammatico naufragio all'Isola del Giglio. L'inchiesta si allarga, dirigente Costa nel mirino. Deciso il narcotest per Schettinodai nostri inviati CARLO BONINI e MARCO MENSURATI
GROSSETO - Il comandante della Concordia Francesco Schettino risponde per tre ore alle domande del suo interrogatorio di garanzia. Fa delle prime ammissioni, torna ad abbozzare alcune fragili giustificazioni. Dà delle spiegazioni sulle sue comunicazioni con l'armatore negli istanti cruciali del dramma. Giura di aver "salvato migliaia di persone". E a sera, lascia il carcere di Grosseto pertornare a Meta di Sorrento 1. Agli arresti domiciliari.Il gip Valeria Montesarchio annulla il provvedimento disposto sabato sera dalla procura di Grosseto ed emette una nuova ordinanza di custodia cautelare, ma non in carcere. È l'ultimo twist di una storia e di una inchiesta che promette di essere solo all'inizio e che a sera sorprende la procura della Repubblica. Anche perché con la sua decisione il gip (oggi depositerà le motivazioni della sua ordinanza) di fatto nega che esistessero i presupposti per arrestare quell'uomo. Che non esistessero, insomma, né il pericolo di fuga né quello di inquinamento delle prove.
"Prendiamo atto della decisione - dice il procuratore di Grosseto Francesco Verusio - Mi permetto solo di osservare che è un provvedimento che non capisco". "Non si può mandare in carcere un uomo solo perché lo vuole l'opinione pubblica", è invece la chiosa dell'avvocato difensore del comandante, Bruno Leporatti.
Ma
il punto - accusa e difesa ne sono consapevoli - è che in questa inchiesta il problema non è l'umore dell'opinione pubblica (che da questa decisione verrà divisa e disorientata) ma quello che accadrà da oggi, quando a palazzo di giustizia il procuratore e i suoi sostituti si riuniranno per decidere nuove iscrizioni al registro degli indagati, formalizzando ciò che gli atti istruttori già documentano. Che in questa storia le responsabilità del comandante Schettino non sono le uniche e che nel naufragio della Concordia rischia ora davvero di essere trascinata anche la società armatrice, la Costa Crociere.
Tre nomi nel mirino
Nelle ultime 48 ore la posizione di Roberto Ferrarini, marine operation director, il manager delle operazioni marittime e dell'unità di crisi della Costa si è complicata. Le sue telefonate (almeno tre) con Schettino nel lasso di tempo decisivo tra l'impatto con gli scogli del Giglio (21.42) e il tardivo ordine di evacuazione della nave (22.58) hanno seminato sospetti negli inquirenti. Che, all'osso, si riassumono in due domande.
Cosa si sono detti il comandante della Concordia e il suo interlocutore nella compagnia armatrice in quegli interminabili frangenti? Se Ferrarini ebbe infatti in quell'ora di tempo la percezione che Schettino non stava osservando le corrette procedure imposte da un'emergenza, perché la mattina dopo la compagnia difese pubblicamente il suo comandante? Insomma, sulla Costa si allunga l'ombra del favoreggiamento nei confronti di Schettino, di avere se non concorso quanto meno colpevolmente tollerato la sua inerzia.
La stessa accusa che la compagnia, qualora la procura dovesse convincersi a questo passo, finirebbe con il condividere con almeno altri due ufficiali presenti in plancia quella notte. Il vice di Schettino, Dimitri Christidis e Silvia Coronica (terzo ufficiale) entrambi presenti nella scialuppa su cui il comandante della Concordia, passata da poco la mezzanotte, fugge dalla nave che affonda con passeggeri ancora a bordo.
Il nuovo video che accusa
Ma c'è dell'altro che spiega perché l'inchiesta non finisce oggi e non finisce con Schettino. È un nuovo video girato dalla motovedetta della Guardia di Finanza che per prima, alle 22,35 di venerdì 13 gennaio, accosta la Concordia ormai arenata sullo zoccolo profondo 35 metri da cui non si muoverà più. Sono immagini decisive. La nave è in assetto, dritta. Dunque libera di calare le scialuppe su entrambe le murate.
È una posizione ideale per evacuare "senza neppure bagnarsi i piedi" (come dirà a verbale Giovanni Iaccarino uno degli ufficiali di coperta) i 4200 passeggeri. Ma non è, come documentano queste immagini, quel che accade. Schettino, ormai lo sappiamo, aspetta. Ma, ecco la rivelazione, getta le due ancore di prua soltanto quando ormai la nave è arenata da tempo.
È falso dunque che quella manovra sia stata, come Schettino ha ripetuto anche ieri nel suo interrogatorio di garanzia, e come la Costa ha sostenuto almeno all'inizio, la prova di un tentativo di mettere in salvo nave e passeggeri. È - di questo la procura e gli inquirenti ormai sono convinti - soltanto il tardivo tentativo di contenere gli effetti di un disastro ormai consumato.
"Ho virato tardi"
Del resto, che da venerdì notte Schettino lavori a mano libera alla versione di quanto accaduto aggiustando la sua verità alle scoperte di chi lo accusa è anche nelle parole con cui lui stesso, ieri, è tornato a ricostruire le sequenze della "manovra sconsiderata" e del naufragio. "Quello scoglio non era sulle carte nautiche", aveva detto sabato mattina, prima di essere arrestato.
Ieri la prima importante correzione. "È vero l'inchino era per il commodoro Mario Terenzio Palombo, con cui ero al telefono in quel momento. La rotta era stata decisa alla partenza da Civitavecchia ma ho sbagliato l'accosto. Navigavo a vista, perché conosco bene quei fondali e altre 3-4 volte avevo fatto quella manovra. Ma questa volta ho ordinato la virata troppo tardi. E sono finito in acqua troppo bassa. Non so perché sia successo, sono stato vittima dei miei pensieri".
Pensieri che devono continuare a distrarlo, perché il comandante - per quanto se ne sa - non sarebbe stato in grado ieri di ricordare bene il contenuto delle sue conversazioni telefoniche con Ferrarini. Anche se l'avvocato Leporatti chiosa così il passaggio dell'interrogatorio di garanzia relativo proprio alle comunicazioni tra Schettino e la società armatrice: "Ha dato le sue spiegazioni".
"Sono inciampato nella scialuppa"
Nel suo interrogatorio di garanzia, Schettino riscrive anche il canovaccio della sua presenza, insieme agli ufficiali Dimitri Christidis e Silvia Coronica, nella scialuppa che resterà "appennellata" sul fianco della Concordia per oltre un'ora. Venerdì notte aveva giurato al capitano di fregata De Falco che gli urlava di ritornare a bordo che lui dirigeva da quel guscio le operazioni di soccorso.
Ora ha cambiato idea. "I passeggeri si accalcavano sui ponti prendendo d'assalto le scialuppe. Io non avevo neanche il giubbotto salvagente perché lo avevo dato uno dei passeggeri, che cercavo di farli salire in modo ordinato sulle barche. All'improvviso, visto che la nave era inclinata di 60-70 gradi, sono inciampato e sono finito dentro una di quelle imbarcazioni. Per questo mi trovavo lì. E una volta sospeso non riuscivo a scendere in mare perché lo spazio era ostruito da altre imbarcazioni in acqua". Curiosa spiegazione. Anche per ché in quella scialuppa Schettino si porta gli altri due ufficiali. Inciampati anche loro?
Alcol o cocaina?
Qualche domanda. Schettino dice il vero oggi e mentiva quella notte? Schettino era nelle sue piene facoltà mentre effettuava l'azzardo in acque basse? Perché quella voce impastata, catatonica, quel fare attonito nel dramma della notte? Solo panico? È un fatto che ieri (anche se con inspiegabile ritardo) è stato disposto il narcotest.
Le analisi dovranno accertare la presenza di eventuali tracce di cocaina e altre sostanze stupefacenti nel sangue e nelle formazioni pilifere del comandante (al contrario dell'alcol, resistono fino a 15 giorni dall'assunzione). Schettino - raccontano fonti investigative - si è sottoposto alle analisi "con apparente tranquillità e disponibilità". "Fate pure - avrebbe detto - Non faccio uso di droghe, né avevo bevuto".
la Repubblica
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