domenica 11 marzo 2012

Sharon Stone: "Dai film alla vita ho il piacere della libertà"

L'attrice racconta l'importanza di essere indipendenti

"Ho sempre cercato di scegliere quello che volevo davvero senza compromessi"



di EMANUELA AUDISIO
SI SMARCA da se stessa. Che è sempre un gran pregio: essere, ma soprattutto non essere. Solo bella, solo diva, solo sexy. Sharon Stone resta in cima alle classifiche delle donne più intriganti e sensuali, nessuno la schioda più da quel leg crossing del '92. Si mise a sedere, guardò dritta avanti, fumò, accavallò le gambe e stregò il mondo, che dopo quattordici anni è ancora imbambolato. Aspettando che si alzi. Eppure lei ha camminato, è andata, ha attraversato: malattie, scombussolamenti, progetti. "Non ho fatto solo Sharon Stone". Infatti ha fatto altro: è madre (adottiva) di tre figli, impegnata in cause umanitarie (Aids, acqua potabile, cure dentali per i senzatetto, Peace in Action), testimonial (Damiani e Dior), produttrice.

È anche invecchiata, almeno anagraficamente, ma nessuno fa caso ai suoi 54, perché se sotto il vestito niente (prima), sotto la testa tutto (più di prima). Sharon ci è riuscita: ad affrancarsi, a dare un valore all'indipendenza. Si è liberata dalla condanna di essere e restare un mito del sesso. Di dover parlare da bad girl di quello che succede sotto le lenzuola. "Se hanno messo una porta dove dormiamo è perché c'è bisogno di intimità e non di spalancare la vista". Le interessa altro, quel riuscire a non dipendere da niente e da nessuno. "Affrontare la vita da sola può essere un privilegio, ma costa molta fatica. Anche ad Hollywood e dintorni quando ti presenti alle cene di gala senza qualcuno al fianco, ti guardano strana. E io da single ho adottato due figli, Laird Vonne e Quinn. Devi per forza essere di qualcuno e di qualcosa, avere un cartellino, rientrare in uno schema. Nessuno ti incoraggia ad osare, preferiscono metterti paura, invitarti alla prudenza. Il consiglio è sempre quello: non restare sola, accontentati, stai con una persona, anche se non la ami, anche se c'è poco che vi unisce. Tutti sono spaventati dall'idea di stare da soli, di bastarsi. Io mi mantengo, pago i miei conti, però per forza per lo sguardo altrui devo fare coppia. Quasi l'autosufficienza fosse un pericolo, un alzare troppo la testa. Come la libertà. E soprattutto uno schiaffo a chi accetta i compromessi, a chi sopporta e si accontenta di una compagnia mediocre, invece di cercare per sé qualità".

Le hanno detto dell'Italia, dei suoi delitti, di molte donne ferite e uccise per aver detto no ad un ex marito e ad un ex fidanzato. "Guai ad essere la metà, a vivere cercando di riempire una parte mancante, ripetendo grazie". C'è un film che la disturba, quello in cui Tom Cruise davanti ad una porta di ascensore dice a lei: "Tu mi completi". E allora? "Allora Cruise meriterebbe un bel calcio e non un sorriso di riconoscenza. Qualcuno gli avrebbe dovuto rispondere: io sono già completa, non ho bisogno di aspettare te". Naturalmente non è un discorso contro Cruise. "Naturalmente no. È un discorso su chi scambia l'amore per possesso, su chi non si aspetta dal partner originalità, ma solo di essere l'altro 50 per cento, come se il destino di un'unione sia quello di fare la parte mancante. È una cosa pericolosissima. Perché quando quella parte se ne va, svanisce, vuole altro, magari ambisce ad essere tutto, ecco che l'altra persona si sente persa, sminuita, incompleta, incapace di riempire i suoi momenti con pienezza. E allora cosa fa? Non permette all'altro di staccarsi, mette in atto reazioni violente, rifiuta di tornare ad essere metà. È un procedimento mentale malato, anzi tragico, per questo dico: rifiutatevi di essere il complemento di un'altra vita. Non c'è aggressività da parte mia, solo passione per l'indipendenza, anzi se penso questo è perché sono invecchiata e ho trovato un equilibrio".

Amy Winehouse e Whitney Houston però non ci sono arrivate. "Non conoscevo Amy, ma è un peccato averla persa così giovane, invece sono stata spettatrice delle prima esibizione pubblica di Whitney, a 15 anni, con le treccine. Sua madre ci disse di avere una sorpresa e la fece uscire sul palcoscenico, Whitney cantò la sua canzone, noi restammo sbalorditi da cosi tanta grazia, applaudimmo, e lei continuò a cantare e a ricantare quella sola canzone. È triste quello che le è capitato, ma non sono in condizioni di giudicare. Il successo è una sbornia bella e terribile, dopo l'uscita di Basic Istinct, mi sono ritrovata i curiosi anche sul tettuccio della macchina. E nel '96 quando ho avuto la nomination agli Oscar per Casinò, anzi quando la aspettavo, e ho cominciato a vedere che tutte le mie linee telefoniche avevano chiamate in arrivo, sono impazzita di felicità e ho iniziato a gridare, tanto che ho fatto aspettare anche il mio ex di quel tempo che stava suonando al cancello con una bottiglia di champagne. Ora penso che la cosa più bella sono i mie tre figli, che non sono il frutto di un capriccio, ma di lunghe discussioni con delle mie amiche. Ma trovo anche splendido che il mio personaggio di Basic Istinct, libero e bisessuale, alla fine non muoia, non abbia un incidente né si ammali. Quello sì ha cambiato un'epoca. Una grande peccatrice che non va all'inferno e non viene punita dalla vita. Indipendente e fuori dagli schemi. Non più e non solo metà".

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